Unica sopravvissuta a un naufragio sulle coste dell’Asia Minore, la spartana Lysandra finisce nelle mani di Lucio Balbo, il proprietario di un ludus nei pressi di Alicarnasso, nel cuore dell’Impero romano d’Oriente, dove vengono addestrate giovani gladiatrici. La fiera Lysandra, discendente da un antico ordine di sacerdotesse guerriere, non accetta il suo nuovo status di schiava. Costretta a combattere nell’arena per riottenere la libertà, grazie alla sua straordinaria abilità nell’arte gladiatoria, conquista l’adorazione delle folle, esibendosi con il nome di battaglia di Achillia, e si guadagna il rispetto del lanista, il proprietario della scuola. Dotata di un carisma da leader, grazie all’eccezionale destrezza con le armi, la gladiatrice sconfigge una dopo l’altra le avversarie più temibili, fino alla sua nemica giurata, Sorina, a capo del clan barbarico del ludus. Nell’ultimo spettacolare combattimento, organizzato in onore dell’emissario imperiale in visita alla città, Lysandra affronterà la sua prova più difficile: una sfida all’ultimo sangue. Le avvincenti descrizioni dei combattimenti e l’appassionante ricostruzione della vita all’interno del campo, tra la durezza dell’addestramento, le umiliazioni subite dalle schiave, lo spirito di squadra che unisce tra loro le lottatrici, non senza qualche incursione nell’amore saffico, fanno di questo romanzo un affascinante affresco storico che rivela aspetti inediti dell’antica Roma al tempo di Domiziano.
La storia, per lo scrittore, nasce da un bassorilievo di Alicarnasso in cui vi sono due gladiatrici alle quali viene data la libertà, se non volete rovinarvi il finale, non vi conviene leggere i nomi delle due donne. Io credo che, partendo da ciò, l’autore si sia mosso molto bene; anche io quando ero più piccola mi inventavo alcune storie su “brandelli di vita archeologici”, era divertente.
Tornando al romanzo, Lysandra è una protagonista con cui è difficile entrare in sintonia e mi rendo conto che possa non piacere: è testarda, arrogante, bellissima, vendicativa e non prova sensi di colpa ad uccidere. È figlia di Sparta e chi di noi può riuscire a immedesimarsi in lei, oggi? (la domanda è retorica, ma spero nessuno :D) Tuttavia, non so, è seducente, non solo per i personaggi che le girano intorno, ma anche per il lettore, o almeno per me. Nonostante tutto è molto donna, che vuol dire che è molto sicura di sé e nello stesso tempo si fa delle paranoie -che non ammetterebbe mai e che fa fatica ad ammettere anche a se stessa- In tutto il libro non vi è una vera crescita del suo carattere, cosa che da molti è stata criticata. Come forse sapete, a me piace molto quando un personaggio matura e, tuttavia, la sua mancanza di un cambiamento radicale l’ho trovata coerente con la sacerdotessa spartana, cresciuta per ben diciannove anni in un modo duro e militarizzato fino all’eccesso. Tra l’altro, per quanto rimanga sempre uguale, alla fine viene smussata in qualche modo: accetta l’amicizia di una ragazzina, si lascia andare all’amore ed ammette poco a poco a se stessa -e alla fine a due amici- di avere paura, e l’ammissione della paura per un figlio di Sparta non è accettabile, la paura è uno “stato mentale”.
Il mondo che le gira intorno è crudele, ma è il mondo di quel tempo, vive in un ludus, accetta-solo dopo l’aiuto di un sacerdote ateniese- il suo nuovo ruolo di schiava e combatte per la libertà, la propria. Sangue e violenza non sono risparmiati in nessun modo, né lo sono le scene di sesso. Non amo le storie omoerotiche, ma non vedo come possano essere criticate in questo contesto (molti lo hanno fatto), un mondo fatto di donne, di donne forti, alcune delle quali non disprezzano assolutamente l’altro sesso. Purtroppo l’amore saffico tra Lysandra e Eirianwen, a mio avviso, perde un po’: perde di sentimento nelle scene erotiche (mi chiedo sempre se questo dipenda dalla scrittura da parte di un uomo) e perde nel complesso della storia, perché, a parte la bellezza di entrambe, non si capisce bene il motivo per cui queste due donne arrivino a provare un sentimento forte come l’amore; è un peccato poiché sembra che sia messo là solo “perché lo dico io”, ovvero l’autore. Sarà comunque Eirianwen a smussare per prima la rigidità fisica e mentale della spartana e a donarci un po’ di passione.
Gli altri personaggi son ben delineati, tutti assumono un ruolo preciso, hanno spessore lungo tutto il romanzo e alcuni di loro affrontano cambiamenti degni di nota. Ho adorato Telemaco, il sacerdote ateniese, che prima diviene amico per soldi, poi per affetto; avrei preferito un ruolo più grande per lui. Non è male neppure Lucio Balbo, il lanista -ovvero il proprietario del ludus dove si allenavano i gladiatori- che, nonostante il lavoro che fa e la sete di soldi, rimane molto umano; decisamente non credibile il dono che fa alla fine a Lysandra. Catuvolcus, uno degli istruttori, di cui non riesco a pronunciare il nome, è un personaggio ben costruito, può piacere o meno, ma il suo carattere, le sue mille reazioni sono reali e comprensibili. Anche le altre gladiatrici che girano intorno alla trama sono diverse tra loro, con le loro diverse culture, i loro vizi, le loro personalità.
Non è certo un libro per ragazzini -come avevo pensato all’inizio, quando ho regalato il libro al mio ragazzo- e la scena di stupro è molto forte, a me personalmente ha fatto davvero male in termini di emozioni; mi sono commossa quando Lysandra parlando con Balbo in seguito (non posso spiegare meglio perché sarebbe uno spoiler), mostra le sue lacrime al lanista: Lysandra è arrogante, dura, piena di odio e di voglia di vendicarsi, ma è una donna, una donna violata, uno stupro è uno stupro. Trovo che sia stata una scelta sagace da parte dell’autore.
L’ambientazione è molto buona, uno spaccato della vita durante l’impero di Domiziano, primi anni 100 dopo Cristo, che non riporta la storia da come la conosciamo nei libri di scuola, ovvero per le grandi gesta e le date più importanti, bensì attraverso la vita di donne, schiave -romane, elleniche e barbare- che combattono per la propria libertà, in Asia Minore, in un periodo di pace in cui, però, le diverse civiltà si scontrano attraverso le personalità delle schiave. Ammetto di non avere grosse altre conoscenze di questo periodo, vorrei però riportare un’obiezione del mio ragazzo che si è adirato all’idea che morissero tante gladiatrici, infatti oggi è un dato riconosciuto che la morte dei gladiatori, se non altro per motivi di denaro (i gladiatori erano trattati molto bene, curati, allenati, partecipavano a feste e avevano una notevole libertà di movimento), fosse cosa rara. Nel libro viene detto in qualche modo, e, secondo me, le morti riportate sono significative all’interno della trama stessa, lui, però, ritiene che non sia abbastanza, quindi immagino che per gli “addetti ai lavori” e gli estimatori sia un notevole punto a sfavore.
La trama è coerente, incentrata sulla figura di Lysandra, la sua personalità e le sue nemesis, ovvero il proprio stupratore e la sua nemica giurata. La fine lascia un po’ con l’amaro in bocca, prevedibile per chi conosce il suddetto basso rilievo; il fatto che lei e l’intero ludus si alleni per qualcosa che poi non succederà fa storcere il naso. Vi è un seguito, intitolato Roma Victrix, dovrebbe uscire in Gran Bretagna a maggio, in Italia ancora non è dato sapere.
Whitfield ha una scrittura pulita, per essere un’esordiente non vi è proprio nulla da dire: non vi sono frasi troppo corte, né troppo lunghe, buon uso di avverbi e aggettivi. Qualche scena raccontata, ma nulla di più. C’è una cosa che proprio non mi è andata giù, ma suppongo che dipenda dall’edizione italiana: uno dei personaggi a un certo punto dice “e stop!”, beh, detto in epoca romana ad Alicarnasso nun se po’ senti’! Un paio di refusi, per il resto un buon editing da parte dell’Aliberti che, tra l’altro, è una casa che non conoscevo prima di ora. Deve avere una buona distribuzione perché la sua copertina mi ha praticamente catturata in ogni libreria in cui sono stata.
In effetti, ho iniziato a fare le ronde a questo libro per gli occhi piazzati sulla copertina nonché per il verde acqua della stessa, ci ho girato più volte intorno a dicembre, alla fine non sicura che potesse piacermi la trama, l’ho regalato per Natale al mio ragazzo, il quale ama i romanzi che si svolgono in epoca romana. Pensavo di farmi dire da lui se poteva essere un libro anche per me. Ho letto dieci pagine a casa sua, ma siccome non lo aveva finito, l’ho dovuto lasciare, l’ho preso dopo qualche tempo e in una giornata -finalmente- libera, l’ho letto. Tutto insieme!
Come dicevo all’inizio, non è possibile immedesimarsi in Lysandra, tuttavia oserei dire che mi ha catturata in pieno. Un affresco accattivante a tinte forti. Un racconto struggente che non scende nella pietà fine a se stessa, una carica piena di eccessi che ben si adattano al mondo descritto, fatto di combattimenti, azioni, passioni, umiliazioni, forza e volontà, e dai sentimenti più diversi.
Dati più o meno oggettivi
Prezzo 17,oo Pag: 368. Rapp. qualità prezzo: avrei abbassato di due o tre euro...
Edizioni Aliberti: redazione: buona
Copertina: 10/10
Genere: storico, azione
Libro unico: no
Scrittura: -terza persona, passato - chiara, scorrevole; presenza di due punti e punti e virgole: sì; 9/10
Trama: 8/10
Caratterizzazione protagonista: 8.5/10; altri personaggi: 9/10
Voto 8,5/10
Consigliato: sì; ma è per un pubblico adulto e dallo stomaco forte.
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