venerdì 30 luglio 2010

Inviare un (solo) manoscritto

· inviare un manoscritto, 60 euro… con il tuo portafoglio; · riuscire nell’impresa, un’ora e mezza… con la tua amichetta Kiki; · diventare scema, non ha prezzo.


Ebbene sì, mi sono decisa a questo passo, dopo aver ricorretto qui e là, per l’ennesima volta, il manoscritto, averlo di nuovo pdeffatto e dopo aver fatto le 03.40 senza neanche rendermene conto.


Ammetto che se non ci fosse stata Kiki forse avrei rimandato ancora.


Per grazia del cielo era con me. Siamo andate insieme a stampare il file. Mi è costato 48 euro! È vero che non era vicino all’università, ma quando l’ho sentito ho tentennato, sorpresa, un’altra volta -speravo di aggirarmi sulle 30- così ne ho fatta stampare una sola copia. Siamo state lì un quarto d’ora, forse venti minuti, e poi siamo andate alla posta; con la nostra quasi trentennale inesperienza delle poste, non sapevamo bene neanche come fare un pacco, così tra buste, biglietti della fila e i libri che ormai si trovano anche alle poste italiane, ci siamo adoperate per bene.


Salvo il fatto che sono improvvisamente diventata incapace di scrivere un indirizzo (Come si scrive? Quanto grande lo scrivo? Devo andare a capo?), tanta era l’agitazione, siamo andate lisce come l’olio. Beh, sì, più o meno. A parte il fatto che abbiamo fatto tutta questa fatica per spedire a una sola casa editrice… Una, santa cecropia, una sola. Per fortuna, tra quelle a cui dovevo spedire l’intero manoscritto, ne avevo una preferita, e scegliere è stato facile, ma una sola! E per 60 euro e un’ora e mezza di tempo.


Pensare che ho stampato in Times New Roman 11.


Me tapina e squattrinata, per spedirne tre dovrò spendere quasi 200 euro. Ora capisco perché preferiscono inviare per mail.


Sospiro profondo.


Come dice Kiki, questo è il prezzo del successo - se mai ci sarà…





Aggiornamento: a quel che dice poste italiane, il malloppo è stato consegnato alle 12:07 di oggi.




giovedì 29 luglio 2010

Le mutande di Robert Pattinson

Nel pomeriggio ho un paio di aggiornamenti da farvi, ma ora... ora DEVO pubblicare queste!!!

Le mutande di Robert Pattinson alias Edward Anthony Masen Cullen. No, C.I.O.È le voglio!!! Le regalerò al mio ragazzo per il suo compleanno. Ma... Oh, me disgraziata :O il suo compleanno è a dicembre, ah che vita ingiusta e riprovevole!

E va bene le guarderò da qui, adorante e in attesa.

ps. Un aspetto positivo c'è: mi ha raggelato la giornata.

lunedì 26 luglio 2010

Cristine. Blame it on me

Strinse le palpebre osservando il sole rossiccio morire oltre le colline, tolse l’ultima maglietta dal filo appeso in mezzo al giardino e si osservò le dita piccole e affusolate, riponendo i panni nella bacinella. Cristine sorrise, le piacevano le sue mani e le piaceva il suo giardino pieno di rose; a breve anche i glicini avrebbero riempito la sua casa con il loro profumo delicato, e in maggio tutto sarebbe scoppiato in mille colori.

Cristine aveva tutto.

Cristine aveva tutto ciò che desiderava avere ed era diventata ciò che aveva sempre sognato di diventare. Sorrise nuovamente. Eppure il suo stomaco si contorceva e il suo cuore pulsava troppo forte. Eppure ora non funzionava tutto così bene.

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Intervista a Francesco Falconi - L'Aurora delle Streghe. Underdust

Ho finalmente concluso la lettura de "L’Aurora delle Streghe - Underdust", l’ultima fatica del tosco romano Francesco Falconi. E che fatica, vista anche l’attesa che si era creata nell’ultimo mese per questo libro, edito da Reverdito - che inaugura la collana fantasy “Pegaso” di cui si occupa Luca Azzolini.
L’ho terminato in pochissimo tempo, non perché mi sia piaciuto, ma perché sciolta nell’afa della capitale non avevo nulla di meglio da fare (su, Fra, te lo meriti un po’ di sadismo). I'm joking. Consiglio il libro a tutti gli amanti delle streghe, della magia, del mondo del teatro, di Barcellona, e lo consiglio per la particolarità, il ritmo incalzante e le tematiche riportate.

Cominciamo.

Poiché sappiamo tutti che lavori per una società delle telecomunicazioni da un po’, che abiti a Ponte di Nona da due po’ e che hai ventuno anni da tre, anzi quattro po’, passerei direttamente all’Aurora. Come mai hai scelto di ambientarlo a Barcellona?

Perché volevo scrivere un fantasy moderno con un’ambientazione realistica, cosa che non ho mai fatto nei miei precedenti lavori (Estasia, Prodigium e Gothica). Una sfida, perché la sfumatura fantastica non si incentra nella costruzione di un mondo ma fa perno sulla storia e sui personaggi.

Quando o come è nato il tuo interesse per le streghe e le gitane?

L’idea dell’Aurora delle Streghe era un po’ di tempo che mi frullava in testa. Avevo in mente di scrivere una storia sulle streghe, ma in un’ambientazione che conoscevo bene e ai giorni nostri. Di pari passo ho deciso di dare una caratterizzazione particolare alla protagonista Abril, che per l’appunto è una kalé spagnola. In altre parole mi interessava anche parlare dei pregiudizi e del razzismo nei confronti del popolo gitano e dei loro problemi di integrazione.

In AS hai provato una nuova prospettiva: quella del racconto al presente, sia in prima che terza persona. Potresti spiegarci perché hai scelto questa nuova formula e come mai hai pensato di intervallare il prima e il dopo l’evento x della storia, ponendolo quasi alla fine?

In realtà l’evento x, il Buio, è il prologo. La storia si dipana su due livelli temporali, e il risveglio di Jago rappresenta la loro frattura. Ho scelto il presente/prima persona per narrare gli eventi che vanno dall’arrivo di Abril al teatro Serrano fino al rito che riporta in vita Jago, la terza per gli avvenimenti successivi. Questo da un lato facilita il lettore a distinguere i due livelli narrativi, dall’altro evidenzia lo stato d’animo della protagonista e alla sua caduta… nel buio.

Tra tutte le forme usate (tra Estasia, Prodigium e Gothica, Francesco ha usato tutti i tempi e tutti i punti di vista), io ho trovato magistrale il tempo e la prima persona di Ayon, in "Prodigium - L’Acropoli delle Ombre", ma qual è quella con cui tu ti sei trovato più a tuo agio? E perché?

Difficile dirlo, dipende dalla storia. La scelta della persona nella narrazione coincide con la stesura del romanzo stesso. Non vi sono regole, dipende dalla struttura del romanzo. Ovviamente sono due approcci totalmente diversi, a mio avviso gestire la prima persona è molto più difficile. Il mio primo tentativo è stato con Gothica, per poi passare con l’Aurora a una protagonista femminile. Ovviamente non ti svelo cosa accadrà in Nemesis, in uscita per ottobre con Castelvecchi… ma cambierò ancora.

Torniamo ad Abril Esteban: è la prima volta che scrivi un intero romanzo con protagonista una donna, come è stata questa esperienza?

Pensavo molto più difficile. Come dicevo prima, Gothica è stata una gavetta non facile, perché anche se la voce narrante era maschile, il protagonista era un prete per cui non era facile “calarsi” nei suoi panni. Credo che uno scrittore prima o poi debba affrontare delle sfide e, così come un attore che interpreta ruoli sempre più difficili e lontani dal suo modo di essere, anche io ho deciso di sperimentare.

Trovo che tu abbia descritto molto bene il suo essere donna, ci nascondi qualcosa? Scherzo, però ho una domanda cattiva da farti: come le dice Lucas, Abril conosce Jago da pochissimo tempo, come è possibile che sia così innamorata di lui da arrivare a tanto? (Non provare a dire che sono cinica!!) Credevo, arrivata alle supposizioni della mamma, che ci fosse una spiegazione dietro, ma durante la fine sfugge, sarà più chiaro nel seguito?

Abril conosce Lucas da poco meno di tre mesi (anzi, per essere più precisi due mesi e mezzo). Credo che il tempo necessario per innamorarsi di una persona non sia quantificabile. Può bastare una serata, a volte un anno intero non è sufficiente. Ok, sembrerò banale, ma sono uno di quelli che crede ancora nel colpo di fulmine.

Ehm… la seconda parte della domanda non l’ho capita… comunque non c’è alcun sotterfugio. Abril e Jago hanno lavorato insieme per due mesi e mezzo, questo è bastato per farli innamorare. Senza considerare che Abril vive una condizione psicologica particolare, desiderosa di vivere come una qualsiasi ragazza catalana e allontanarsi dalla comunità kalé.

Perché ovviamente ci sarà un seguito… lo hai già scritto? Quando dovrebbe uscire?

No, devo ancora scriverlo, ho solamente definito il plot. Credo che uscirà il prossimo anno, ma non so dare una data precisa.

Inserirai nel seguito una figura come Sarnésh, ovvero brontolona e acidamente ironica come te? Ne sento la mancanza : )

Non credo, non è il romanzo adatto e non mi piace ripetermi. Sarnésh, se vogliamo, è un’evoluzione di Bolak. Il suo complemento ribaltato. Ma sono all’opera con altri romanzi e non mancherò di rendere tridimensionale ancora una volta la mia vena cinica e… acida :)

Francesco non è contento se nei suoi libri non muore qualcuno, benché ‘morte’, nei suoi romanzi, assuma un significato molto vago. Per ovvi motivi non dirò chi ci ha lasciato le penne, ma volevo sapere se quella fine era già progettata fin dall’inizio:

Sì, ultimamente impiego anche due mesi per scrivere il plot, capita raramente che decida di cambiarlo almeno in snodi così fondamentali.

Di solito scrivi ascoltando musica, cosa ascoltavi mentre scrivevi AS?

Assolutamente sì. Flamenco e new burlesque contaminato dall’elettronica, ma anche musica gotica per le parti… più sporche.

Ormai sei a una trilogia completata, una duologia completata, un romanzo concluso, un racconto e questo ultimo romanzo. A quale sei più affezionato (non fare il timido, io "preferisco mamma")?

Sono affezionato agli ultimi romanzi perché mi rispecchiano di più. Voglio bene a Estasia, ma ormai si trova ad anni luce dal Francesco di adesso. Ergo, a Gothica, all’Aurora delle Streghe e a Nemesis che uscirà il prossimo ottobre.

Hai scritto tutto questo ben di Dio in quattro anni: cosa è cambiato nella tua vita, da allora? (non voglio sapere se ti sei sposato o quante rughe hai in più, voglio sapere come ti rapporti alla scrittura, alla lettura, alle case editrici, ecc.)

Ovvio, perché non sono invecchiato di un anno. :)

Ho un approccio più metodico, sto molto più attento alla costruzione del plot e della struttura narrativa. Le idee, tuttavia, nascono allo stesso modo di quattro anni fa: quando meno me l’aspetto.

E cosa invece, secondo te, è cambiato nel panorama fantasy italiano dal 2006?

Direi anche in quello internazionale: l’high fantasy è in un periodo di stallo, l’urban fantasy nell’apice della sua evoluzione, mentre stanno prendendo sempre più piede i romanzi gotici e contaminati. A essere sincero, sono già stanco delle “rivisitazioni” di favole in fase dark/moderna: l’idea è originale e suggestiva, ma il troppo ripetersi la rende abusata.

Questo ultimo anno hai pubblicato diversi libri insieme, racconta la verità: è Virgola (il suo cane) a scriverli per te? Oppure hai più di una vita parallela in cui concili lavoro, scrittura e lettura?

Virgola mi tiene sveglio quando sto per cedere sopra la tastiera :)

In realtà dei libri pubblicati nel 2010 ho scritto e ideato solo l’Aurora delle Streghe, gli altri sono stati concepiti nell’anno precedente. La stesura dell’autore, ovviamente, non coincide mai con la data di uscita in libreria.

In autunno dovrebbe uscire un altro tuo romanzo, cosa puoi dirci in merito?

Online si trova già la sinossi di Nemesis - L’Ordine dell’Apocalisse. È un romanzo che ho scritto nel 2009, si basa su una storia d’amore/dolore tra Angeli e Demoni, ambientata nelle Highlands scozzesi. Ci saranno delle sorprese, ma magari ne riparleremo a fine settembre, che ne dici?

Hai mai pensato di cambiare genere? Su cosa punteresti?

Già fatto con Gothica, che è uno slipstream (ossia a cavallo tra il mainstream e la fantascienza). A fine agosto inizierò la scrittura di un nuovo romanzo, che non è fantasy né di narrativa. Ma per ora è top secret :)

Gothica è uscita in ebook, cosa pensi degli ebook?

Tanto rumore per nulla. Se ne parla molto a giro nei forum e nei blog, ma non c’è questa calca di persone desiderose di acquistare libri elettronici. Forse fra qualche anno le cose cambieranno, per adesso è solo una piccola nicchia. Vedremo, ne parlo costantemente sul mio blog, anche su tutte le implicazioni come la pirateria.

Ti capita mai di avere il così detto blocco dello scrittore? E c’è stato qualche momento per uno dei libri in cui avresti voluto abbandonarlo perché non ti piaceva più?

No, ho il morbo opposto: troppe idee. Non mi è capitato mai di buttare via un libro scritto, ma solo capitoli. Ci sono un sacco di idee e spunti di storia nel mio cassetto: ogni tanto ne pesco una e cerco di capire se ancora mi affascina. In quel caso cerco di portarla aventi, altrimenti la cestino.

Ti capisco, io pure.

Hai qualche autocritica da farti? Su, confessati!

Sì, rispondere a interviste così lunghe. Ahaha.

A volte dimentico quanto sei modesto! O_O

So di avertelo già chiesto, ma mi sfugge la risposta: da piccolo sognavi di fare lo scrittore?

No, sognavo di diventare come l’uomo ragno. Poi ho capito che era complicato arrampicarsi sui muri dei palazzi. ;)

Ok, adesso evita risposte scontate.

Oh, mon Dieu, evito proprio di risponderti. Ti faccio una domanda che di certo ti hanno già fatto, ma che non può mancare nel mio blog: che consigli puoi dare ad oggi a chi, come me, desidera pubblicare un libro - non parlo di scrivere, proprio di pubblicare?

Ne parlo spesso sul mio blog, ma i consigli sono sempre gli stessi: controllare più volte il testo prima di inviarlo, quindi scegliere le case editrici opportune. Perché no, anche affidarsi a delle agenzie, purché non a pagamento. Ci vuole tanta costanza e un pizzico di fortuna.

Concluderei chiedendoti questa famosa marca dei tuoi boxer, se l’hai rivelata ai bambini di una scuola, lo puoi raccontare anche a noi; se ti rifiuti, ti chiediamo la taglia!

Assolutamente CK. La prossima volta mi chiederai se ho mai fatto sesso con una mia lettrice?

CK? Mmm, hai guadagnato 10 punti! :D Quanto alla domanda successiva, hai fatto molto male a consigliarmela, anzi, ormai presuppongo che sia un sì...



Potete tirare un sospiro di sollievo: l'intervista è finita. Evito di ringraziare Francesco perché mi son dovuta sudare la pagnotta, quindi vi riporto la quarta di copertina dell'Aurora e vi auguro una buona lettura. E buona fortuna a... Virgola, che lo deve sopportare.


Quarta di copertina: Abril Esteban è una kalé e vive nella periferia di Barcellona. Determinata, forte e risoluta, è una ragazza come tante, che si oppone a una vita da gitana e riesce a trovare lavoro nel teatro di Eneko Serrano, come segretaria e aiutante dei suoi due figli: Lucas e Jago.

Non è una vita facile quella di Abril, ma da subito stringe un intenso rapporto con Jago che presto dall'amicizia sfuma nell'attrazione, fino all'amore. Questo, finché il destino non si mette di mezzo e Jago Serrano non perde la vita in un tragico incidente durante uno spettacolo. Ma si è trattato davvero di un incidente?

In preda alla disperazione, e manovrata da strane e oscure voci, Abril viene spinta a leggere gli antichi libri di sua madre, Miriam: libri sulla stregoneria. Ed è proprio nel Libro delle Ombre, che Abril trova un incantesimo capace di risvegliare Jago… scoprendo così di essere anche lei una strega kalé. Sembra tutto perfetto, ma l’individuo che si risveglia dopo quel rito non è più Jago.

É una creatura dell’oscurità, un Imperfetto, che per vivere si nutre di lacrime spingendo al suicidio chi si mette sulla sua strada.

Abril si troverà così costretta a combattere contro i suoi stessi sentimenti, e a dover prendere una decisione difficile: uccidere il ragazzo di cui si è innamorata. Fino all’inaspettato finale…


Dall’amore all’ossessione. Dall’ossessione all’odio. Dall’odio alla vendetta.

venerdì 23 luglio 2010

Che sia benedetto il web 2.0!

Oggi mi è arrivata a casa una busta gigante e super pesante. Dentro c’erano scritti il mio nome e cognome e il titolo del mio romanzo… mi dicevano che avevano letto con interesse la mia opera e che li aveva impressionati. Parlano di distribuzione nazionale, di promozione su tv, radio, eventi vari, oltre che di Mediaset e nomi di scrittori famosi. Che fico!


Si tratta del Gruppo Albatros - Il Filo. E, beh, che sia benedetto il web 2.0!


Se non fosse stato per questo, infatti, forse anche io sarei caduta nella rete. Quando mandai i primi tre capitoli li inviai anche a loro, non sapendo molto di più di quello che potevo leggere sul loro sito (non facendo molto uso della tv, non li avevo visti neanche là). Poi Leonore ha cercato sul web e mi ha avvisata, così mi sono fatta una cultura anche io, visto che il gruppo in questione in rete è più che conosciuto.


Il gruppo non solo pubblica a pagamento (tra l’altro sulla mia lettera di presentazione scrivo di non essere interessata a questo modo di pubblicare), ma promette mari e monti (ve la farei leggere!) e a quanto pare mantiene nulla. Devo dire che, considerando le promesse fatte e l’uso che fa di personaggi famosi, ti fa proprio venire voglia di tentare, per questo motivo dico che benedico e ringrazio l’esistenza del web.


Io sono contraria alla pubblicazione a pagamento, come si sarà dedotto da alcuni post e link qui presenti, perché non mi sentirei soddisfatta: se devo pagare per pubblicare, forse nessuno sta credendo in me, forse ne stanno solo approfittando per fare soldi. E poi devo provvedere io alla distribuzione del mio libro? E chi se lo compra, i miei amici? I miei amici leggerebbero i miei romanzi anche senza averli stampati su un bel libro (alcuni lo hanno già fatto e non erano neanche corretti!), ai parenti non ci penso proprio neppure a dirlo, i conoscenti sono solo conoscenti, allora tanto vale che i 3800 e passa euro me li tengo ben bene in tasca.


A maggior ragione per un gruppo come Albatros che, se ha tanti bei soldini da spendere con Mediaset, Sky e tutti gli altri servizi che nomina, allora dovrebbe avere anche i soldi per puntare su un’esordiente in cui crede. Bah, non avranno letto neppure la sinossi del mio libro. Oppure dovrei essere più umile?


Tutto ciò mi deprime.



Ok, visto che non voglio deprimere anche voi, vi posto un video che girava pochi giorni fa su facebook (è una parodia della pubblicità del gruppo Albatros).





giovedì 22 luglio 2010

Paranoie del sogno a metà

ansia panico homer simpson urlo munch Sto passando un periodo di stanca. Sarà il caldo, anzi l’afa asfissiante, non lo so, di fatto mi sto abbrutendo selvaggiamente divorata dalla pigrizia, dall’insicurezza e dall’incertezza. Ah beh, oltre che dalle zanzare - che Zeus vi fulmini! - Il risultato di ciò è che non sto concludendo nulla, come al solito.

Scrivo, quello sì. Per puro piacere personale: solo perché ormai vivo in simbiosi con la mia protagonista. E scrivo solo di sera, quando cala il buio; no, niente vampiro letterato, semplicemente perché di giorno il mio portatile fonde e posso accenderlo solo la sera, in terrazza per la precisione.


Per quanto riguarda il mio manoscritto e il tentativo di pubblicarlo sono alla seconda fase: l'ho abbandonato per qualche giorno per farlo 'fermentare', l’ho fatto corregge da una mia amica e l’ho ripreso in mano. Ho sistemato tutto per l’ennesima volta, ho limato qui e là e l’ho pdffato. Ora mi resta solo di stamparlo tutto, non so ancora se in A4 o in A5, rilegarlo alla meglio (in A4, ridotto ai minimi termini affinché fossero meno pagine possibili, sono 230 pagine circa, non mi sembra il caso di lasciare i fogli sfusi o di pinzarlo), andare alla posta, capire come funzionano i pacchi e inviare alle case editrici che richiedono fin dall’inizio il manoscritto intero.


La verità è che quando ho finito di correggere ero a mille, ora non mi sento pronta: mi sto imparanoiando con gli aggettivi (mon Dieu, saranno troppi?), con i bordi troppo stretti (se poi a lato non si legge?), con il Times New Roman 11 (se poi non lo leggono per paura di diventare becalini?), ma soprattutto mi sto imparanoiando per l’atto in sé. Quello di andare alla posta e spedire, per intenderci.


Lo so, non si decide di puntare su un autore e il suo romanzo per queste cose, però fanno parte del tutto e io nella mia visione nera dell’universo intero mi atrofizzo come un bradipo zoppo.


Dicono, e in parte lo posso confermare, che nello Sri Lanka fanno tutto con una lentezza insopportabile. Forse è per questo che sono così? No, Dil, sei così perché sei un’idiota. Ok, va bene, l’importante è saperlo.


mercoledì 21 luglio 2010

Se qualcuno ti dice che non sei un vero scrittore... (forse ha ragione).

Attenzione, questo scritto NON è mio. L'ho copia-incollato da una nota su facebook di Giampaolo Simi





Poprio due giorni fa, in un'intervista, Tecla Dozio mi ribadiva la differenza fra gli “scrittori” e “quelli che scrivono”. Una differenza importante ma poco popolare, anche se esemplificabile con una similitudine semplicissima. Io amo giocare al calcio. Ho tutto il diritto di farlo e infatti una o due volte alla settimana lo faccio. Per fare questo, talvolta, sostengo volentieri qualche spesa. Nessuno però paga per venirmi a veder giocare a calcio e di conseguenza nessuno mi paga per farlo. Perché? Perché sono oggettivamente una pippa. Lo ero a vent'anni e lo sono, a maggior ragione, adesso. Ma non mi importa: mi piace e nessuno deve impedirmi di farlo. Sarei però semplicemente patetico se nel mezzo di una cena mi definissi, magari con un pizzico di nonchalance, “un calciatore”. Sappiamo tutti chi è un calciatore: uno che viene pagato da una società sportiva per giocare al calcio. Che sia il San Bortolino o l'Inter fa un po' di differenza nell'ingaggio e nel livello, certo, ma il discrimine è chiaro. Io sono uno dei milioni di italiani che semplicemente “giocano al calcio”. Neppure il San Bortolino ha mai pensato che i miei piedoni a randello meritassero un rimborso spese di cinquanta euro al mese (lordi). Oggi mi imbatto in una manchette sul sito de La Repubblica. Lo slogan inizia con una protasi castrante e angosciosa: “Se qualcuno ti dice che non sei un vero scrittore...” (“vero” è anche scritto in corpo maggiore, ad aumentare la frustrazione). Nell'apodosi però arriva il raggio di speranza, il grido di riscatto: “Mandalo in una libreria la Feltrinelli.” Per terminare con un ammiccante: “scopri com'è facile”. E facile lo è. A patto di averci i soldi, ovvio. Mandi il file al server de Il mio libro (collegato a kataweb e al gruppo La Repubblica-Espresso), scegli il formato e la copertina, paghi e rievi le copie a casa. 50, 100, 500. Alcune di queste saranno disponibili nelle librerie Feltrinelli dove lo scettico e malevolo "qualcuno" potrà trovarlo e ordinarlo, per poi presentarsi alla prossima pizzata con la copia da farti autografare e mostrare ai commensali, ammettendo contrito: “Non credevo che il mio amico fosse un vero scrittore e, invece, guardate qua.” A promuovere questo bieco malinteso non è qualche scaltro tipografo di provincia, ma sono due grandi gruppi editoriali italiani, per giunta situati in area progressista. Peccato che, alla fine della fiera, il concetto non proprio progressista è chiarissimo: per essere un “vero scrittore” basta che paghi. Non dico questo perché penso che sia volgare mischiare i soldi con la letteratura. Sono anzi convinto che ti puoi definire scrittore quando qualcuno ti paga e investe per pubblicare quello che hai scritto. Tanto o poco, fa la differenza, come nel calcio, ma il discrimine rimane chiaro. Non è una difesa di una corporazione, perché questa corporazione non esiste e non esisterà mai: non esiste e non esisterà mai un albo o un'abilitazione professionale che consenta di esporre targhe di ottone con inciso “scrittore”. Ma proprio questa ragione funziona anche all'inverso: non è titolo che qualcuno ti possa vendere a qualche migliaia di euro, come una laurea o un diploma fasullo. Chiamare poi questo outlet di illusioni una democratizzazione culturale al grido di “siamo tutti scrittori” è soltanto spalancare le porte al prossimo analfabetismo di massa, desertificare gli orizzonti culturali di un Paese già devastato da un ventennio di dittatura culturale dell'egotismo più estemporaneo. "Se qualcuno ti dice che non sei un vero scrittore” meglio sarebbe, per esempio, chiedersi perché. Forse, in primo luogo, non sei mai stato un “vero lettore”. Di fronte a una grande pagina del tuo scrittore preferito, non hai mai provato quel misto di soggezione, godimento e riconoscenza che dovrebbe consigliarti il più sano dei pudori. Non sei mai stato immensamente felice, ma solo invidioso, come lo si è di un terno al lotto capitato a uno che stava giusto in fila di fronte a noi in ricevitoria. Non sei mai stato veramente, perdutamente innamorato della lettura, e ora non ti capaciti di come mai gli altri non amino perdutamente leggere te. Spacciare un librificio per corrispondenza come una rivoluzione dal basso significa anche negare che esistano una competenza, un talento e un ruolo propri del narratore. Tutte cose che, invece, riconosciamo naturalmente a chi sa far crescere una vigna o delineare un piano di ammortamento, centrare l'angolino da trenta metri o far cantare quattro pistoni come se fossero nuovi. Far arrapare centinaia di “veri scrittori on demand” al grido di “se l'hai scritto, va stampato” significa, in ultima istanza, abbracciare il core business dell'ideologia berlusconiana, cioè il suo velleitarismo più sordo e tracotante: nell'Italia in cui davvero tutti possono essere ministri, meglio se con delega al Nulla, perché non possiamo essere tutti scrittori?


lunedì 19 luglio 2010

Glossari e calure

Sid L'era Glaciale 3 Oggi non je la fo. Fa caldo, troppo caldo; mi sciolgo, mi sento come i cartoni nella salamoia di "Chi ha incastrato Rogger Rabbit?". Volevo raccontarvi un sacco di cosette, tra le quali il fatto che fa così tanto caldo che, nonostante la ventola a mille, sul mio portatile i tasti scottano (non sto esagerando!)

Ohibòinsomma, il concetto è che vi lascio un mini glossario per il mio blog: parole in ordine sparso che avete trovato o forse troverete qui, visto che fanno parte di me e del mio improbabile modo di parlare. Al momento mi vengono in mente solo pochi termini:


· Santa Cecropia! Esclamazione usata da Sid in "L'era glaciale3" - La cecropia è una pianta, un albero su cui spesso vivono i bradipi che si pappano le sue foglie.


· Oiboboi! Esclamazione usata da Gloria in "Madagascar" e ripetuto dai lemuri nel secondo film.


· Dilhanite Lo devo spiegare?


· Tamil Lingua parlata in Tamil Nadu e nello Sri Lanka - e se non erro, è una lingua ufficiale anche a Singapore.


· Aadre! "amore" in tamil.


· Mon Dieu! "mio Dio" in francese.


· Oh, mammasaura! Esclamazione usata da Denver, dinosauro verde protagonista del cartone animato "Ti voglio bene, Denver".


· Scompifferare. Non ho la più pallida idea della sua origine, credo sia una parola dialettale romana e serve a dire "non mi torna", "non mi piace" e simili.

venerdì 16 luglio 2010

Eclipse. Che noia...

Robert Pattinson piede foot

Oggi mi sono degnata di andare a vedere Eclipse. Noia. Che noia. Che noia, mamma mia, che noia!

Che recitassero per modo di dire già lo sapevamo, però, ecco… che noia! Non succede nulla per tutto il film. Eppure mi ricordavo che tra i quattro libri era quello che avevo apprezzato di più, forse per la storia che si racconta degli indiani, o era New Moon? Non ricordo (‘mazza m’è rimasto impresso!). Del film mi è piaciuta la musica, ogni tanto la fotografia.

Robert Pattinson… lasciamo perdere! Mi piacciono quasi tutti tranne lui, bleah! È vero assomiglia a un piede. Che noia!

Lei mi sembra che sia diventata più brutta, o forse più bianca, si starà preparando psicologicamente alla trasformazione. Sì, deve essere così. Eh, però prima si devono sposare. Prima matrimonio, poi sesso, poi vampira. Già. Che noia! E poi muore di freddo e poi la mattina dopo sta in camicetta sulla neve. Più che noia!

Vediamo, cosa c’è di interessante? Che lei bacia lui, poi l’altro. Povera anima in pena (dicesi zoccola!). Che noia!Eclipse film

Ah no, di interessante ci sono le storie di Jasper (Jackson Rathbone) e la biondona (Nikki Reed, che tra l’altro dimostra dieci anni in più di quelli che ha). Charlie, il padre, era improbabile nel libro, lo è ancora di più nel film. I lupi sono magicamente diventati grossi come cavalli; Bree Turner è magicamente diventata importante; Victoria è magicamente diventata un’altra (ed era meglio l’altra, ovvero Rachelle Lefèvre). Che noia!

Ma noooo, ho trovato cosa ci fosse di interessante: l’aria condizionata, né troppo fredda né troppo calda. Da paura!

Invece da Fnac si moriva di freddo e io me ne andavo coperta di libri da uno scaffale a un altro. Ne avevo presi dieci e ho ridotto a quattro. Santa Cecropia, sembra che io nella mia stanza abbia spazio, sembra che io nel portafoglio abbia i soldi, sembra che io in camera non abbia già duemila libri in arretrato, sembra che io nella mia vita abbia tempo.

Dil, tu NON hai tutto ciò, ficcalo nella tua testolina, una volta tanto!

martedì 13 luglio 2010

Fantasy Lover, di Sherrilyn Kenyon

Fantasy Lover Attenzione: recensione fortemente soggettiva.

Forse da quando ho letto l’undicesimo, ovvero il primo nell’edizione italiana, sono diventata più critica, quindi non avrò lo stesso metro di giudizio di allora. Ciò non toglie che, sorvolando sulla forma, questo romanzo non mi abbia presa molto.

L’ho trovato scontato dalla quarta di copertina e poi questo sesso fin da subito mi stucca. Ora, va bene che sono una bigotta :D ma giuro che io sesso lo leggo volentieri, lo scrivo volentieri e lo… ok, mi censuro! Quindi non è l’aspetto sessuale che mi scompiffera, è il modo in cui è trattato. Come scrivevo ad Alessandra e a Francesco Falconi, per me, il sesso nei romanzi deve avere un senso preciso e/o deve delineare i personaggi e/o deve essere equilibrato (con il resto della storia, nel senso che per piacermi deve essere combinato con altro –avventura, guerra, quellochevuoi), e soprattutto non deve avere nulla a che fare con incantesimi e simili. Mi aveva già infastidita in Dark Lover, della Ward, in Meredith Gentry, della Hamilton, ho rischiato davvero di bruciare il libro. In questo, forse, la reazione non è così estrema, tuttavia mi ha rallentato molto, soprattutto all’inizio, quando la dimensione “storica”, se così vogliamo definirla, ancora non c’era.

Qualcuno dirà che, però, loro non lo fanno subito, il che è vero, ma di fatto ruota intorno a questo aspetto; lei è attratta da lui per la magia (non potrebbe essere per altro, visto il suo passato), lui si farebbe lei perché deve farlo; boh!? Intendiamoci, non è che nei libri per piacermi due devono fare solo sesso per amore, ma preferisco due che ci danno giù perché sono anche solo fisicamente attratti a due che, dopo un giorno, si trastullano perché c’è una maledizione di mezzo. Poi a me questo Julian che ogni due pagine ha i muscoli tesi, sodi, e fa letteralmente gridare tutte le donne cui passa accanto non mi dice nulla (e a me i figaccioni piacciono, eccome se piacciono; vero, Lenore?).

Chi mi conosce bene sa che sono smielata e romantica, ma se leggo una frase come questa: “Hai il volto a forma di cuore di un diavoletto birichino con labbra carnose e sensuali che supplicano di essere baciate.” Beh, io non je la posso fa’! Questa frase per me può avere senso se le due persone in questione si stanno prendendo anche un po’ in giro e non è questo il caso; oppure se sono due persone che si amano e le parole richiamano un qualche significato condiviso nel tempo, e non è neppure questo il caso, visto che i due protagonisti si conoscono da due giorni e non si possono amare e tantomeno hanno qualcosa di già condiviso.

Per fortuna, dopo un po’ il testo migliora, la parte in cui si parla di dei, semidei, Eros Afrodite e via discorrendo, non mi dispiace, anzi. Carina l’idea di Amore e Psiche che stanno insieme e anche le varie storie sugli spartani. Aspetto che avevo apprezzato in Anche i diavoli piangono (il diavoli piangeranno, ma il titolo fa troppo ridere) e qui non è da meno, peccato che preferisca di gran lunga la storia di Sin e Kat. L’unica parte che mi è piaciuta sono state le ultime undici pagine, ma che fatica arrivarci!

Inoltre, trovo che l’autrice ripeta troppe volte alcune parole, e passi troppo velocemente dal punto di vista di lei a quello di lui e viceversa, confondendo il lettore. Sia chiaro, ho apprezzato il libro e mi piace l’idea di fondo, tuttavia non mi ha presa, non mi ha catturata.

In definitiva, un buon libro per una lettura spensierata, ma decisamente sopravvalutata. VOTO: 6 e mezzo



Ps. Meno male che l’11° l’ho letto prima, perché dopo questo, non sono tentata di leggere i seguiti… NB. oh, a me le storie d'amore piacciono! Non per nulla uno dei miei libri preferiti è Il Cavaliere d'Inverno.


Quarta di copertina: Grace Alexander, 29 anni, è single da quattro anni dopo una terribile esperienza con un uomo egoista e insensibile. Ma la sua amica Selena sa esattamente cosa ci vuole per lei: ha per le mani un antico volume nel quale è custodito uno splendido esemplare di uomo, su cui è stata lanciata una maledizione che lo costringe a restare relegato tra quelle pagine per l’eternità, a meno che, con un incantesimo, non venga evocato al fine di diventare per un mese lo schiavo d’amore di colei che lo richiama. Julian il Macedone, metà uomo, metà dio, è così incredibilmente bello che ogni donna cade ai suoi piedi e ogni uomo finisce per odiarlo. Quando Grace lo evoca, Julian è già rassegnato e pronto a soddisfare ogni sua fantasia sessuale. Lei però ha in mente tutt’altro.

domenica 11 luglio 2010

da Prince Of Persia, perché oggi non posso fare di più

Oggi è una di quelle giornate in cui ti è morto il gatto, e poiché fanno 50 gradi all'ombra e c'è il 200% di umidità dentro e fuori casa, i miei due neuroni versano litri e litri di sudore anche stando fermi, e l'ansiogeno tristorodimento mi assale, vi lascio il seguente brano.
Una delle musiche della colonna sonora di Prince Of Persia, la canzone si intitola I Remain ed è cantata da Alanis Morissette. Non posso fare di più.


How crass you stand before me
With no blood to fuel your fame
How dare you weild such flippancy
without requisite shame
Your very existence
becomes my sacred mission's bane
You bow to kiss my hand
and I ignore ignited flame

I moved to meet you
Untouched I do remain

To some it seems foreign
Why I would steely forge ahead
This land entrusted to me
knows not of hallowed secrets
Ill keep it to myself
My own advicement in my head
Your charm can not distract me
From the path Im born to tread

How Im thrilled to know you
Affected, I remain
How I've learned to like you
Undeterred I do remain

Less daunting as team?
You unlikely king by my side
And me, so much better for trusting you
My hand over your heart
While you keep hindrances at bay
Color me surprised
by how our union saves the day

How Ive grown to need you
As my soul I just faiths
How I love to know you
And how I remain
I remain

venerdì 9 luglio 2010

Ragazze Lupo, di Martin Millar

Altra vecchia rece di un bel libro.



Kalix è una rampolla 17enne, magra, depressa, drogata, innamorata di un ragazzo bandito dal clan, lei stessa bandita e condannata, è una lupa mannara. È lei a muovere tutto, dalla morte del padre, Signore dei Lupi, alla lotta per la successione dei fratelli, ma è insopportabile, sembra una bambina di otto anni, viziata, per fortuna non è lei la protagonista, o per lo meno non solo lei. Intorno, infatti, ruotano la sorella, Trix, stilista di moda che vuole stare lontana dalla sua famiglia, e dotata di poteri magici; Malveria, migliore amica di Trix, fissata con la moda, Regina del Fuoco, anche lei dotata di poteri; Beautix e Delicius, gemelle bandite dal clan, rokkettare punk, troppo sbronze per fare concerti; Agrivex, 17enne quasi-nipote di Malveria; i due fratelli di Kalix, Sarapen e Marcus, che lottano per la successione al trono, il primo per diritto, il secondo istigato dalla madre; Dominil, cugina dei quattro fratelli, algida fisicamente e psicologicamente; infine, una ragazza e un ragazzo universitari, che vogliono aiutare Kalix ad uscire dalla sua situazione, rimanendo, loro malgrado, invischiati nella guerra intestina.


La storia intreccia gli affari del clan a quelli della Regina del Fuoco, a quelli dei due umani e a quella dei Cacciatori (umani che ammazzano i licantropi), e alla personale storia di Kalix, solitaria e senza amici.


Inutile dire che il personaggio meglio riuscito sia Malveria, capace di piangere per un vestito, ironica, senza senso del “tatto umano”, a volte senza senso lei stessa, ma valida guerriera e potente maga.
I lupi mannari sembrano un po’ una caricatura degli umani, nel loro essere egoisti, crudeli, innamorati, depressi, gelidi, superficiali.


Nel complesso il romanzo è esilarante, leggero, inedito. Non ha grosse pretese, ma i vari risvolti psicologici, guerreschi, sessuali, rendono la lettura molto piacevole e scorrevole, tanto che il lettore è portato ad arrivare alla fine (660pag) molto velocemente. Scritta quasi come una favola e con cambi di scena molto frequenti, è un urban fantasy per niente horror e molto tragicomico.




Non è un capolavoro, ma è assolutamente consigliato!


Voto: 8 e mezzo

giovedì 8 luglio 2010

Waiting for...

Una settimana fa inviavo ad alcune case editrici, per la prima volta nella mia vita, un mio manoscritto, che non era per niente ‘mano’, bensì era del tutto ‘dattilo’. Ho inviato presentazione, sinossi, dati personali e primi capitoli, via email. E subito dopo ho notato tutti gli errori di punteggiatura, e pensare che l’avevo ricontrollata ventimilauno volte e l’avevo fatta controllare a Lenore, una mia amica. Ah, beh, le peggio paranoie, neanche fosse la tesi (per la quale ho vissuto le stesse esperienze: quando l’ho finalmente stampata, zac! errori di tutti i tipi), o forse peggio, visto che, poiché ho scritto che sono una persona ansiosa, non potevo essere da meno. Ok, manca un apostrofo, ci sono due virgole di troppo e forse quella frase non è spiegata poi così bene… «voglio sperare che non ti scarteranno per questo», mi ha fatto presente Lenore. E va bene, speriamolo. È passata una settimana, lo dovrei segnare da qualche parte? Per agitarmi un po’ di più potrebbe essere utile. Cosa è successo in questa settimana? Quasi nulla. Il giorno dopo sarei dovuta andare alla posta per inviare le restanti copie della mia proposta a quelle case editrici che la desiderano cartacea, invece ho passato la mattinata a chiamare un numero di telefono di una di suddette case, che avvisa sul proprio sito di telefonare. È una grossa casa e decido ti tentare, e tento a lungo a dire il vero, fino a che non mi risponde una vocina un po’ assonnata. Chiedo se è il numero giusto dicendo: «Questa è bla, bla, bla, per avere informazioni su come inviare manoscritti?» Risposta (con voce gentile, lo riconosco): «Sì, cosa vuoi?» Non so, una tazza di caffè? Le spiego cosa voglio, apriamo un mini dibattito sul genere fantasy, fantastico, fantascienza, fai-tu, e alla fine mi dice che autori italiani, a meno che non siano testi per bambini - diventati alla fine della telefonata adolescenti - non li prendono. Sospiro profondo. “Cerca di concentrarti di più sui quaranta gradi all’ombra di oggi, Dil, forse ti va bene, forse neanche le zanzare avranno la forza per romperti le palle oggi.” Almeno ci ho provato. Però, alla posta non ci sono più andata quella mattina. Ah, e ovviamente, da quella mattina a quella in cui ho spedito le lettere, ho corretto e cambiato duecento frasi, virgole, parole, punti, e chi più ne ha più ne metta. Cosa è successo, dunque, questa settimana? Niente. Quasi niente. Mi ha risposto solo una persona e io sono contenta, forse perché era l’unica da cui aspettavo risposta, forse perché non mi aspettavo neanche quella: lo sappiamo tutti, quando ci avviciniamo a questo mondo, quali sono i tempi di risposta. Mi ritengo soddisfatta (nota per il mio ragazzo: se non mi sto imparanoiando io, per favore, non mi imparanoiare tu: giuro che se mi risponde qualche altra casa editrice, sarai il primo a saperlo! Grazie.), il tempo della speranza è ancora lungo.

mercoledì 7 luglio 2010

Gothica, di Francesco Falconi

Oggi esce "L'aurora delle streghe", di Francesco Falconi, di cui sono fan oltre che amica. Spero di averlo presto tra le mani e di leggerlo. Vi lascio il commento che avevo su aNobii della sua, ormai, penultima opera "Gothica".

Parto dal presupposto che do cinque stelle solo a pochi libri: a quelli che penso rileggerò, che mi hanno emozionato o colpito, che mi hanno illustrato mondi e personaggi a cui mi sono affezionata alla prima lettura o che hanno toccato qualche corda imprevista. Ecco, Gothica non è stato questo per me, eppure non posso dare di meno.
In Gothica, non c'è nulla di nuovo, non ci sono descrizioni di luoghi o mondi futuri o fantastici, tuttavia c'è molto di più. Che Falconi avesse acquisito una scrittura molto più raffinata lo avevamo già scoperto nei libri precedenti; la piacevole scoperta sta nel suo modo di descrivere delle questioni di oggi spesso dimenticate, quali gli Ogm, la clonazione, l'eugenetica, calandole in un romanzo, non molto lungo (e per fortuna, perché non avrebbe avuto la stessa forza), che nella sua semplicità non presenta la scontata lotta tra bene e male, tra giusto e sbagliato, bensì l'attualissimo conflitto esistente tra Scienza e Chiesa, nei loro estremi. Attraverso i suoi personaggi, in particolare Padre Faust (il nome dice nulla?) e Helena, ritroviamo fede e progresso, prima nella loro convinta superbia e poi nella loro ricapitolazione. Banalmente, mi ha fatto pensare al simbolo YinYang - quello bianco e nero - dove ognuno di noi ha delle convinzioni da mettere in dubbio perché c'è sempre un po' di vero anche nell'altro; a volte, è con noi stessi che dobbiamo scontrarci, prima che con gli altri.
Falconi non ci fornisce una risposta: con i suoi personaggi e i loro umani dubbi ed errori, ci pone le stesse loro domande -a cui ognuno di noi risponderà- senza mai chiederle, ma facendocele vivere per mezzo dei suoi protagonisti. I temi affrontati sono tanti e non tutti così prevedibili, per quanto ricavati per lo più da fatti realmente accaduti. L'autore riesce a metterli insieme, con notevole abilità.

Complimenti a Francesco, se non altro per il coraggio!

martedì 6 luglio 2010

com'è cominciata io lo saprei...

Un bel giorno ti alzi e ti metti a scrivere, poi …puff! tiri fuori la Divina Commedia. Magari. Tolto il fatto che credo proprio che nessuno scriverà mai più la Divina Commedia, per scrivere quattro righe messe in croce, che abbiano un senso e che siano leggibili, hai bisogno di tempo, il tempo di ora, il tempo passato in cui hai letto e scritto, il tempo per riflettere, il tempo per aprire il dizionario ogni cinque secondi o quasi. Io non sono una scrittrice, nel senso che al momento non ho ancora pubblicato, ma inizio a capire come funziona. E no, non puoi alzarti la mattina senza il suddetto “tempo” e scrivere la Divina Commedia, neanche se ti sei fatto di funghetti. Credo che sia giusto così, e a me piace. Poi un sogno, l’idea, la necessità, e allora butti giù. Non so come sia successo agli altri, a me è successo in questo modo. Scrivo da quando ho imparato a tenere una penna in mano, la tenevo male, anzi la tengo ancora male, e facevo un sacco di errori, ma le idee non mi mancavano, nonostante la pigrizia - e, ahimè, anche la pigrizia ce l’ho ancora. Di fatto, però, ho sognato, beh, no, non tutto un libro, ma almeno quello che conta: i protagonisti, l’ambiente, la particolarità di quell’onirica visione. Questo un anno fa. Poi è venuto un viaggio nello Sri Lanka, mio paese natale, e con quello il sogno ha preso la forma di un’idea, un libro ben articolato. Infine, dopo un periodo di impicci universitari e preoccupazioni familiari, è venuta la necessità. La necessità di estraniarmi dalla me che stavo vivendo, ansiosa come sempre, frustrata come pochi e scazzata come mai. Ho sempre scritto per necessità di questo genere, in effetti; tutte le mie poesie, tutti i miei racconti e anche i due romanzi che ho scritto da quindicenne e da ventenne (e oggi questo stesso blog - oh, 'sta giornata finirà?) erano un modo per fuggire a qualcosa, non sempre in negativo, tuttavia sempre alienante. Un balsamo per i miei personali sbalzi di umore, i brutti pensieri e le paranoie. Tre mesi, anzi se togliamo le domeniche, gli esami e un periodo di incertezza, direi due mesi e una settimana per mettere nero su bianco circa 190mila parole. Drogata. O come mi ha definita il mio ragazzo, “innamorata”. Ora, non ho la pretesa di farmi chiamare scrittrice, non ho la pretesa di pensare che arrivi qualcuno a pubblicare la mia storia facendomi inchini, non sono così sciocca, la vita la conosco, i miei limiti anche, ma è un sogno e se non ci provo rimarrà tale. Come si dice, se vuoi una cosa, prendila. E se me la prendo in quel posto… Mon Dieu, tanto ho la collezione.

My name is...

  Su wiki si trova questo: Il nome proprio di una persona viene attribuito alla nascita ed ha la funzione di identificare la persona stessa, da solo se all'interno del nucleo familiare o in situazioni informali, mentre insieme al cognome e ad altri dati se nella società civile. In quasi tutte le religioni esistono particolari cerimonie legate all'assegnazione del nome al neonato. Il nome, dunque, é uno degli aspetti più importanti di noi.

  Io di nomi ne ho avuti diversi, sia perché amo i soprannomi, sia perché sono stata adottata. All'anagrafe ho un nome italiano: quello di battesimo é di origine cristiana e il cognome è di origine greca, ed è molto usato in Sicilia. Il mio secondo nome, invece, é il nome che mi hanno dato alla nascita i miei genitori di sangue.

  Dilhani é uno dei nomi più usati nello Sri Lanka, dove sono nata, e mi é sempre piaciuto il suo suono, significa "piccola stella", anche se, a quanto mi hanno raccontato, esisterebbero variazioni sul tema! Heemba é una sorta di acronimo del mio nome, cognome e secondo nome. Con questo "bagaglio" mi affaccio al mondo dell'editoria, o almeno ci provo.

Mille splendidi soli Di Khaled Hosseini

Poiché oltre che scrivere amo leggere, vorrei inserire qualche rece di libri che mi hanno molto colpito, anche se sono prese da anobii e non sono recentissime, ogni tanto ne metterò qualcuna.
Mariam è una "harami”, una bastarda, a 15 anni, nonostante viva in una squallida “kolba” e non possa studiare né vedere nulla dello splendore della sua città, né tanto meno frequentare la famiglia di suo padre, ancora crede che il papà la ami incondizionatamente. Ben presto scoprirà che non è così ed eventi drammatici la porteranno a sposare un uomo molto più vecchio di lei, che non ha mai visto. Un uomo che in un primo momento sembra quasi amorevole, ma quando lei non riuscirà a dargli figli, si rivelerà molto diverso. Laila ha quasi venti anni meno di lei, non ricorda i fratelli arruolati nella jihad, suo “fratello” è Tariq, che ha perso una gamba su una mina antiuomo, ma sa ridere, proteggerla, e amarla. Quando anche nella vita di Laila eventi drammatici cambieranno la sua vita, lei e Miriam intrecceranno le loro storie, condividendo una situazione difficile, che mostra tutta la tragica realtà delle donne.
Un libro drammatico e illuminante, assolutamente da leggere. Non è il primo che leggo del modo arabo femminile, quindi non la vivo come una novità, ve ne sono di più chiari e commuoventi (storie vere), ma Hosseini riesce a mescolare bene la storia di un paese che subisce soprusi da russi, talebani e dalle varie etnie presenti, fino all’attentato alle Torri Gemelle, con le vicende delle due protagoniste, senza però renderlo pesate, perchè non è un libro politico, storico o di guerra; forse tende a inserire troppi momenti tragici buttati quasi come flash, e soprattutto lascia troppe parole straniere senza nessuna spiegazione. Inoltre la figura di Mariam alla fine, quello per cui lei sa di essere qualcosa di più di un "harami”, a mio avvisso doveva essere meglio delineata.
Nel complesso un libro commuovente, che fa riflettere.

La frase: "Come l'ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell'uomo trova sempre una donna a cui dare la colpa. Sempre. Ricordalo, Mariam."

Seconda frase: "Perchè una società non ha nessuna possibilità di progredire se le sue donne sono ignoranti."

Voto: 9/10

Go!

  Primo post di questo nuovo, ennesimo, blog.
  Sì, perché di blog ne ho avuti tanti e su tante piattaforme, per i più disparati aspetti del mio ego: per le poesie, per i libri e i film, per i cavalli, per l'università, per la mia vita privata. Questo è stato creato per il mio pseudonimo, Dilhani Heemba, ed è qui per i miei sogni editoriali, che, per l'appunto, al momento sono solo sogni.
  Con calma e sangue freddo vi racconterò di me, sebbene né la calma né il sangue freddo siano parte di me, quindi spero che qualcuno con tanta pazienza passi a leggere i miei post ansiogeni : )

  Benvenuti e benvenuta a me.
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