Mon Dieu, il raffreddore mi ostruisce i pensieri, mi annebbia il cervello, mi manda in panne i due neuroni affaticati. E il freddo, ah beh, il freddo lasciamo perdere. Lavoro e non capisco un tubo, leggo e non capisco un tubo, sì, insomma capisco meno del solito. No, però questo lo voglio dire: leggevo un capitolo -giuro uno solo- di NT e ho notato una caterva di virgole senza senso. La mia faccia è stata più o meno questa O_o
No, dico, Dil, ma cosa avevi in testa?
Virgole.
Sì, ovviamente. Ma virgole senza nessuna idea di pausa, neppure nell’anticamera del cervello, ma perché? E poi quando l’hai riletto non hai visto che non servivano a nulla? E quei becalini dei tuoi amici non hanno visto 20 virgole tra 10 parole? Ah, santa Cecropia, nemmeno degli occhi degli amici ti puoi fidare. Che tempi duri.
Ma poi non volevo parlare di virgole: volevo parlare di punti e virgole. No, non sto scherzando. No, giuro, smettetela di ridere! Oh, uffa.
Il mio è un discorso serio: ho notato che gli scrittori non usano il punto e virgola. A dirla tutta avevo già fatto caso a questo fatto perché, quando leggi, metti le pause e noti che, forse, una pausa in un modo o in un altro la metteresti, ma lo avevo fatto in maniera inconscia; poi Lenore lesse N.T. e mi disse qualcosa tipo «usi anche il punto e virgola, non lo usa mai nessuno», ed è vero, ohibaboi, non lo usa praticamente nessuno. Ogni tanto qualcuno usa i due punti ed è già cosa rara, ma il punto e virgola, poverino, è stato dimenticato, lasciato da solo nell’oblio della lingua italiana (ma non solo, direi).
Sarà che per me, sfruttatrice di punteggiature a oltranza, il punto e virgola è fondamentale: quando il punto è troppo e la virgola è poco, il punto e virgola è una mano santa. Di certo ogni autore inserisce le pause che ha nella propria testa, una scelta stilistica soggettiva, ma non usare mai o quasi mai il punto e virgola in un intero romanzo, mi sa più di errore che di “pausa personale”.
Punto e virgola, questo sconosciuto, direi. Perché non lo si usa? La lingua cambia... forse perché a volte non la conosciamo bene.
Ho dato un’occhiata a qualche libro (molto velocemente, quindi alcuni potrebbero essermi sfuggiti, ma il fatto che non siano frequenti mi basta): il premio Strega Paolo Giordano, "La solitudine dei numeri primi", non usa il punto e virgola; Stephanie Meyer non lo usa; in quel poco che ho letto di Umberto Eco (quindi forse non fa testo) lo scrittore non lo usa; Manfredi e Hosseini non lo usano (ma non ho riletto ogni singola pagina). La Rowling non lo usa spesso, ma lo usa, quindi sa che esiste e di conseguenza, credo, lo usa se ritiene opportuno usarlo; Licia Troisi, nell’ultima trilogia, lo usa molto raramente, e, ehm, spero non me ne voglia, ma lo usa male (a mio modestissimo parere) perché lo usa come due punti. La mia amata Carey, ovviamente lo usa -e io adoro la sua punteggiatura!-; Harper Lee e Tory Hayden lo usano; tra gli italiani, Barbara Baraldi, "Scarlett" (che a dire il vero devo ancora leggere) lo usa; lo usano anche Bruno Tognolini, De Crescenzo e Francesca Angelinelli (credo che quest’ultima di tanto in tanto faccia l’errore della Troisi).
Ci sono altri autori italiani che non lo usano mai o molto, molto raramente. Non li riporto.
E se sei un autore italiano che invece lo usa, non te la prendere, forse non ho letto il tuo libro (o non potevo o non mi andava di controllare :D).