Negli ultimi tempi mi sono sentita spesso dire che i libri prolissi sono noiosi e inutili; che l'uso di aggettivi e avverbi va limitato; che la sintesi è un'arte; che i periodi lunghi confondono il lettore, rallentando la comprensione e quindi la lettura.
Bene, sono d'accordo con tutto questo e so che io, che non tendo a scrivere proprio così, ho spesso bisogno di lavorarci sopra. Però ultimamente noto che alcuni autori, forse forti dei manuali di scrittura, tendono a scrivere in maniera opposta.
Io non sono d'accordo con questa idea di prendere alla lettera tali direttive, non solo perché toglie personalità alla scrittura, ma anche perché finisce per essere fastidiosa nello stesso modo. Va bene avere gusti diversi: avere fan dei periodi lunghi, dei testi prolissi, come avere fan della scrittura pulita e asciutta, ma a tutto c'è un limite. E come ce ne sono nel primo caso, dovrebbero essercene nel secondo.
Mi chiedo perché si senta sempre l'accusa al complesso e ridondante e mai il contrario: per me, scrivere soggetto, predicato, punto è in qualche modo terribile; forse non è un errore, come potrebbe esserlo la ridondanza (sempre?), ma non è neppure una bella scrittura. Soggetto, predicato, punto -con qualche complemento o attributo sparso- è una scrittura da scuola elementare che non dà niente di più che una lista della spesa; è un metodo assai banale per non incorrere in errori. Inoltre mette un'ansia ingiustificata.
Maccabeo si avvicina. Asdrubaldina sorride contenta. Indossa i suoi vestiti migliori. La serata andrà benissimo. Di certo i due si metteranno insieme. Lei pensa che lui la bacerà e sorride ancora di più; si rilassa felice. Maccabeo la trova bellissima e crede che sarà la volta buona: lei gli dirà di sì. Din, don, dan.
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La strada è buia e silenziosa. Un cane è immobile accanto a un palo. Il cielo promette pioggia. Il freddo è pungente. Io ho solo una maglietta leggera. Decido di correre a tutta birra e scatto. Il cuore mi batte a mille. Le gambe volano. Qualcosa gracchia nell'oscurità. Mi fa venire la pelle d'oca. (e a me l'orticaria)
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La sua bocca era sulla mia. Le sue mani mi sbottonarono la camicia, mi tolsero la maglietta e sganciarono il reggiseno. La luce era soft. La stanza era avvolta dalla ruvida e romantica voce di Armstrong. Le labbra di Baldovino scesero sul mio seno e io ansimai. Le mie dita accarezzarono la sua pelle nuda. Il respiro si fece veloce.
Ci spostammo sul letto con le lenzuola fresche di bucato. Il suo corpo scivolò sul mio; il mio si scaldò.
E ciccì e coccò.
Ecco, ho cercato di fare tre esempi diversi, li ho fatti al volo, niente di che.
A leggerli, a me mettono ansia. Quando leggo, ho bisogno di non correre troppo, di seguire il ritmo di ciò che succede, di addentrarmi nei meandri della vicenda e riflettere; altrimenti mi vedo un film in un paio d'ore!
Soggetto, predicato, punto - o anche meno- ha senso se è una scena veloce: trattasi di sveltina, ok. "Mi strappò i vesti. Le sue labbra su di me erano avide. Il mio cuore in subbuglio, il respiro veloce. Mi gettò sul letto. Ansimai. Ed era dentro di me. E tumpete, tumpete, tumpete!"
Così potrebbe andare, ma se descrivo una scena romantica, lenta, con musica e luce soft, la lista della spesa rovina tutto. Ecco, non so voi, ma io vorrei godermela questa scena romantica.
Nel secondo esempio, avrebbe avuto senso se prima della corsa ci fossero stati tempi più lunghi e poi lo scatto quando la protagonista corre. Così non c'è variazione: fa schifo!
Nel primo, meno male che Asdrubaldina si rilassa perché io non mi sono rilassata per niente!
Allora, sono solo io ad avere questa impressione?
Insomma, ok che più il libro è lungo e più si paga, ma che, stai scrivendo un telegramma?
Il libro è iniziato. PUNTO. (8o centesimi) Il libro continua. PUNTO. (60 centesimi) Il libro è finito. PUNTO. (80 centesimi) Sarebbe meglio, almeno così è brevissimo, non paghi niente e siamo tutti felici e contenti. (per tutto il resto c'è Mastercard)
Una subordinata che non sia "Tizio ha detto che sei scemo" non fa male a nessuno; una congiunzione che non sia "e" o "ma", neppure. Per quanto mi riguarda, nemmeno i gerundi, se sono usati bene. I manuali dicono di scrivere chiaro: di non mettere dieci subordinate dentro altre dieci, di non nascondere il soggetto, di non usare i passivi; non scrivono di far venire l'ansia.
E poi la punteggiatura, santa Cecropia! Basta con questi punti ovunque; e, tra l'altro, anche le virgole da sole non sono sufficienti, esistono i due punti e i punti e virgola (ne ho già parlato qui). Usiamoli.
Ci tengo a precisare che la mia critica non è tanto nei confronti di chi scrive, quanto in quelli di chi legge e dice: "Scrittura pulita e asciutta. Bellissima"; no, è una scrittura banale, e può essere sbagliata a seconda di ciò che descrive, è troppo veloce, non ha variazioni di tono: non è una scrittura bellissima.
E se il lettore fa fatica a leggere le subordinate e qualche gerundio, a seguire un pensiero o un ragionamento, beh, che chiudesse il libro e si "abbradipasse" guardando Grande Fratello.
NOTA BENE
Questo non vuol dire che io scrivo da Dio: da qui a quando avrò pubblicato il mio decimo (!) libro, ce ne sarà di strada da fare, e anche per allora… chissà : )